Il Sacrificio

Il Sacrificio

Dopo un Sacrificio c’è sempre un cambiamento, radicale e profondo. Perché ci sia un cambiamento, radicale e profondo, è necessario un “Sacrificio”. Il 12 è una frequenza che richiama il Sacrificio: rendere “Sacro”, immolare, dare un valore nuovo a qualcosa che viviamo. Una parte di noi, una parte della nostra identità deve morire per far spazio a qualcosa di nuovo e diverso…Abbiamo iniziato la Vita con un Sacrificio: la Placenta. Ognuno di noi ha lasciato qualcosa per iniziare una nuova Vita. E quando ce ne andremo lasceremo qui il corpo per iniziare qualcos’altro oppure per finire definitivamente questo percorso. Questo transito è fatto così: ogni volta che inizia qualcosa, che facciamo una nuova esperienza…beh, qualcosa, prima, deve fargli spazio.
Se iniziamo un nuovo lavoro, un altro deve essere lasciato, se una nuova relazione quella precedente finita. Ciò che termina o si interrompe si “sacrifica” per ciò che verrà…oppure…ne è il senso più profondo. Il “senso”. Il senso è nell’istante in cui l’evento accade. Lì, solo lì. Nel senso scompare il sacrificio ed inizia una nuova percezione, una nuova consapevolezza. Una nuova spiritualità e coscienza della Vita e degli eventi.
Per generare una nuova Vita è necessario che la placenta “muoia” e nel “distacco” della Placenta ha origine la nuova Vita del Bambino. Anche la donna fa morire una parte di sé: da quel giorno la sua identità, in parte o totalmente muta, diventando Madre. L’intera Esistenza dell’Uomo è stata e sarà sempre un susseguirsi di qualcosa che finisce e qualcosa che inizia.
Vederlo come un “Sacrificio” o uno straordinario dispiegarsi del Senso della Vita dipende dal nostro percepito, dal nostro modo di leggere e sentire la Vita. Solo il seme che marcisce può dare origine ad una pianta. La stessa frequenza suonata con una vibrazione diversa diventa armoniosa: nessuna morte, nessuna rinascita ma un profondo cambiamento. Nessun sacrificio, ma solo una visione “diversa” di ciò che accade. Tutto è necessario e perfetto così. Le parti fisiche, quelle materiali e relazionali provano dolore ma quelle emozionali, quelle ideative e quelle coscienziali sanno e sentono che è tutto perfetto così.
La Coscienza che ci pervade guida in ogni istante il nostro agire e muove ogni evento per la nostra evoluzione. Evoluzione è volgersi altrove, volgersi avanti. Certi che ciò che lasciamo andare va lasciato andare: se c’è dolore e sofferenza esiste una frattura tra la nostra “res extensa”, la nostra materia e la nostra “res cogitans”, la nostra coscienza. Allora l’evento o gli eventi così naturali nel loro susseguirsi assumono la connotazione di “sacrifici”.
Una relazione “sacrifica” una parte di entrambi, avere figli una parte dell’identità femminile, un lavoro quella di un uomo…e così via. Oppure nessun sacrificio…ma lo splendore di una diversa “prospettiva” che ci permette di arrivare al giorno dopo, alla frequenza successiva, la 13 come persone “nuove” perché diverse e rinate rispetto a ciò che eravamo. Tuttavia se la percezione è quella di un sacrificio questo non passerà mai e rimarrà con noi per sempre mantenendoci sempre lì, immobili. La percezione di “sacrificio” ci indica chiaramente che una parte di noi quella cosa non la voleva, che ha provato a resistervi, rimanendo immobile anziché cambiare. La comprensione, la percezione, la certezza che tutto è perfetto così ci fanno lasciare la Pasqua, il passaggio, per “rinascere” a qualcosa di nuovo. Ma il passaggio è obbligato: quello di cambio di percezione. Lontano da giudizi, accuse, rimproveri, perdono, accettazione o moralismi razionali.
Solo “constatazione”: è accaduto. Nessun colpevole, nessun giudice. Nessun giudizio. Le nostre presunte imperfezioni divengono eventi come altri e parti di un puzzle che possiamo solo osservare. Possiamo essere così e solo così: splendidamente perfetti ed imperfetti nello stesso istante. Dipende dal lato in cui osserviamo la realtà: se nella dualità o nella sua unicità.
Daleth è un “portale” per iniziare a guardare la realtà solo in un modo: l’Unico. Un portale per entrare in contatto con se stessi, con la nostra parte più profonda che abbiamo “sacrificato” per mostrarci agli altri come loro ci volevano. Daleth è uno strumento per trasformare un “sacrificio” in un Vita nuova e diversa, ma in realtà per iniziare semplicemente a vedere quella che viviamo con occhi diversi dando un “senso” a ciò che ci accade in quel momento e quasi per magia, a tutto ciò che ci è accaduto ed accadrà.
Gli altri vedendoci, parlandoci, incontrandoci…conosceranno persone nuove, bambini improvvisamente risvegliati con tanta voglia di…vivere. Oppure con il volto cupo, rivedranno le persone di sempre, un po’ più tristi perché conosciuto quel bambino, hanno comunque deciso di lasciarlo chiuso nella parte più profonda del loro Io.
Questo è l’augurio…mio e di tutta Daleth. Prendete per mano quel bambino nascosto in una stanza dentro di voi, senza paura. Chiedetegli dove si sente “sacrificato”. Spiegategli che il “sacrificio” non esiste se non nella mente duale di uomini e donne disconnesse dal loro Sé. Dategli i mezzi per uscire di li, prendetelo per mano e portatelo fuori a vedere la realtà per quella che è. Poi innanzi ad uno specchio potrete ammirarne l’immagine e, magicamente, vedrete che quel bambino è ciascuno di voi.
Buona Pasqua…
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