L’ origine dell’Angelo sull’Albero

L’ origine dell’Angelo sull’Albero

24 dicembre
A Babbo Natale tutto quello che poteva andare storto, andava storto. Le renne avevano avuto la dissenteria e avevano ridotto la stalla a un disastro, e aveva dovuto spalare cacca per tutta la notte. Aveva caricato la slitta da solo perché gli gnomi erano in sciopero, e aveva dovuto scaricarla perché un pattino era rotto, aveva perso tutta la mattinata a ripararlo e si era anche tagliato malamente un pollice con l’ascia, e quelle maledette renne erano scappate e ci aveva messo una vita a recuperarle. Metà dei giocattoli non erano arrivati, e quelli che gli avevano consegnato erano tutti della lista delle consegne dell’anno prima. Gli elfi si erano ubriacati, e aveva dovuto cercarsi i doni giusti in magazzino da solo, e si era ammaccato il naso e un ginocchio quando gli si era rotta la scala. Nel mettersi i pantaloni li aveva strappati perché era ingrassato troppo, non c’era verso di trovare il cappello, aveva perso gli occhiali, aveva bruciore di stomaco e quando aveva cercato una birra in frigo l’aveva trovato rotto e comunque la birra era finita. In quel momento bussa alla porta un Angelo con un albero di Natale e domanda: “Dove devo metterlo questo abete?”.
Ecco come è nata l’usanza di mettere l’Angelo sulla cima dell’albero di Natale.
Dicembre è l’ultimo mese dell’anno.
Il Dodicesimo. Poi tutto ricomincia. Tutto uguale oppure tutto diverso.
Il “Nuovo Anno” è sempre carico di aspettative, buoni propositi, cambiamenti…eppure.
Cerchiamo in oroscopi, nel tema natale, in previsioni, e ogni altro suggerimento consigli sul “da farsi”. Cerchiamo sistematicamente, ovunque, suggerimenti su cosa accadrà, indicazioni su ciò che “si deve fare”. Eppure la soluzione è esattamente dove non penseremo mai. Chiediamo a tutti tranne all’unica persona che sa veramente il “da farsi”. Ognuno di noi ha in sé le risposte ad ogni sua domanda, ma incapace o preoccupato di guardarsi dentro, cerca queste risposte altrove, fuori. Dicembre ci aiuta, offrendoci una grande opportunità: “ricominciare”. Ma il pegno da pagare è quello di lasciare indietro l’anno appena trascorso, con tutte ciò che è accaduto…le cose “belle” e quelle “brutte”…le cose…ogni evento occorso, ogni cosa accaduta, perché è accaduta…perdere il senso di “bello o brutto”…è accaduto…
Alla fine un anno è un periodo “convenzionale” deciso da noi. Non esiste…Natale se lo vogliamo può essere ogni giorno, come Capodanno o Pasqua. Cosa cambia? Qual è allora il senso del Natale, il senso di perdersi in mille pranzi, cene, regali…?
Dis-trarsi…distogliersi dal vero protagonista della nostra vita: noi stessi. Quell’essere silenzioso che, nel totale sacrificio, rimane ombroso dentro di noi e ogni tanto ci chiama. Quella parte di noi che in ogni istante ci fa sentire desideri ed emozioni, spesso, troppo spesso, diversi dalle nostre azioni. Desideri che hanno come motore i nostri bisogni, emozioni che nascondono il nostro vero desiderio di azione…ma…
Rimaniamo lì, correndo come le palline di un flipper, tra un impegno e l’altro e “sacrificando” l’unico amico vero e sincero che abbiamo: la nostra parte profonda, il nostro Sé.
Ogni Natale, ogni Capodanno, in maniera sempre più sommessa, con un filo di voce, ci implora di “tornare a vivere”, di tornare in “noi stessi”, di iniziare a scrivere la “biografia della nostra Vita”. Di smetterla di stare nel “sacrificio”, impauriti che, tornando ad essere noi stessi non verremo più amati…continua sinché ce la fa, sinché ha energia. Poi rimane “appeso” a testa in giù come un salame…ci permette, Dicembre, di vedere le cose diversamente, di “progettare” cose nuove.
Di anno in anno, la nostra parte più profonda, quella “vera” che, silenziosamente, prova a guidarci si accorge che, nel frenetico turbinio del quotidiano, i suoi suggerimenti che ci porterebbero alla felicità, al raggiungimento dei nostri desideri, alla soddisfazione delle nostre emozioni ci provoca dolore…
Allora smette…smette di “farci sentire”.
Arriva il momento in cui non riusciamo più a sentirci presi dall’ascoltare ciò che tutto e tutto vogliono da noi e da come noi ci siamo posti verso il tutto. Quella parte, quella “vera” si sacrifica per noi: si muove, si agita, continua a mandare segnali, ma nel silenzio più totale si disconnette dalla nostra coscienza.
E Natale è solo Natale: un giorno da passare tra celebrazioni, pranzi, regali e ritrovi per arrivare a Santo Stefano esattamente come prima. E la fine dell’anno?…è la fine dell’anno: una cena, la musica, le ore piccole…per poi “ricominciare” a stare il quel “Truman Show” in cui eravamo prima.
Il regalo da chiedere a Babbo Natale è di “risentire” quella parte di noi. Cosa vuole, quali sono i nostri bisogni, i nostri desideri, le nostre emozioni. Di portarci “fuori dal sacrificio”: costi quel che costi.
L’augurio di Daleth è che possa passare al camino successivo, perché, entrando nel vostro e accorgendosi che tutto è già stato magistralmente fatto, non senta la necessità di farvi dono di “voi stessi”…
Buon Natale
Il Team di Daleth
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