Nascere e Morire

Nascere e Morire

Per nascere bisogna prima che una parte di noi muoia: che ciò che ci teneva in Vita sino all’attimo prima muoia. La Placenta. Il legame che ci teneva in Vita, grazie al cordone ombelicale deve staccarsi, rompersi e va a morire. Gli animali lo mangiano. La madre lo mangia. Gli umani, anzi i terresti, lo gettano, qualcuno ne fa cosmetici. Di fatto per chi viene alla Luce non serve a nulla. E’ straordinario come ogni forma di cambiamento, di morte passi sempre attraverso la necessità che una parte di noi muoia. Devo lasciare qualcosa che non mi appartiene più per essere, diventare qualcosa di nuovo e di diverso. Devo lasciar andare un pezzo di me. E’ un passaggio molto doloroso, almeno quanto la creazione dell’In-dividuo. Dell’In-divisibile. Ciò che per sua stessa Natura non può essere diviso (Res Cogitans e Res Extensa a dire di Cartesio, Mente e Corpo ai giorni nostri) un giorno si uniscono nell’In-carnazione. Nel corpo, nella materia entra qualcosa che con la materia non c’entra: noi lo chiamiamo Con-cepimento. Nel Con-Cepimento (dal latino “Prendere o Mettere assieme”) vengono unite due parti: una materiale (il corpo) ed una che con la materia non ha nulla a che fare (mente, spirito, anima,…chiamatela come volete). Tutto questo ha un prezzo…si chiama Morte.
La Morte, che non esisterebbe senza la Vita, il Cambiamento di una parte di me è funzionale ad una Nascita. La Morte che subisce una parte per dare Vita ad un’altra ha un prezzo: il prezzo è il dolore…Il parto è doloroso. Il passaggio da uno stato ad un altro è doloroso, il cambiamento è doloroso. Tutto ciò che mi fa crescere, se prevede che io debba cambiare una parte di me, lasciarla andare per ri-nascere è doloroso. Ma il dolore ha un senso: e in quel senso si attenua, sino a sparire…stai fermo !
Stai fermo li ! In quell’istante in cui lo stai provando stai li. Il dolore di una frattura mi dice di non muovere l’arto perché non vi siano lesioni aggiunte. Il dolore di una perdita affinchè possa capirne il “senso” e lasciarlo andare. Rimanere nel dolore senza capirne il senso provoca “sofferenza”…una sofferenza che può portare anche me a “non esistere più” perché ancorato ad una perdita che non potrò più recuperare.
Anche il neonato prova dolore perché deve passare in un tunnel stretto, scomodo. Deve com-primersi, mettersi assieme, adattarsi…Prima era “comodo”…prima del concepimento lo era ancora di più. Nell’utero materno, coccolato dalle cure materne e dal liquido amniotico galleggiava rannicchiato, al caldo, nutrito e idratato. Ora, per pochi minuti o qualche ora, che sembrano eterni deve passare da uno stato all’altro. Deve nascere. Tappa obbligata è il tunnel stretto.
Al di là c’è un premio. La Vita. Può lamentarsi quanto vuole ma il tunnel non si allarga. Il tunnel rimane sempre uguale. E’ lui a doversi adattare al tunnel. Più si lamenta più spreca energie. Appena cede, la Vita compirà il resto. Spingendolo fuori. Appena si rilassa vivrà. Appena finisce di lamentarsi di ciò che aveva, potrà apprezzare ciò che avrà.
Non si può tornare indietro, non si può. Si può solo procedere in avanti. Bio-logicamente. Esattamente come la Vita ha previsto. Tutto il resto è Mente: che si lamenta di tutto. Che si lamenta delle occasioni che la Vita le sta proponendo. E sta perdendo una delle occasioni più belle che la Vita stessa le sta offrendo: quella di “adattarsi”.
Adattarsi è l’unico modo che ha la specie umana per sopravvivere. E’ l’unico modo che ha avuto in migliaia di anni per sopravvivere. Rilassare muscoli, articolazioni, tendini e lasciar fluire la vita…agire e non reagire. E’ vero che l’uscita è stretta, è vero che costa fatica, è vero che è doloroso…qualche lacrima scende. Ma di là c’è la Vita. Quella vera.
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