Il prete e lo psicanalista

Il prete e lo psicanalista

Un sacerdote e uno psicanalista, un tempo amici, si reincontrano.
L’uomo di Dio, dopo un breve colloquio in cui si narrano le vicende occorse negli anni di lontananza, dice all’uomo dell’inconscio: “Figliolo, sono convinto che Dio stesso, da quando sei stato concepito, ti ha “progettato” per lavorare per la salute dei suoi figli”.
Lo psicanalista risponde: “Sospetto che sia il tuo conflitto edipico a farti parlare così”.
Ribatte il sacerdote, rabbuiato: “Non è Dio ad ispirarti ora, ma uno Spirito Maligno !”.
“Questo conferma la mia tesi” aggiunge lo psicanalista “e la mia diagnosi di nevrosi. Come fai a parlare di Spirito Maligno ? Non capisci che si tratta solo di tue inconfessabili rappresentazioni ?”
Dopo un lungo respiro il sacerdote guarda con aria compassionevole lo psicanalista e sentenzia: “Bene, figliolo, intercederò perché tu sia liberato da questi empi pensieri”. Lo psicanalista, molto professionalmente, risponde che per ringraziarlo il suo divano sarà sempre a disposizione il giorno in cui il sacerdote vorrà liberarsi da queste ossessioni sul Bene e sul Male.
La conversazione continua trasformandosi sempre più in un dialogo tra sordi. Entrambi propensi a narrare il proprio monologo.
Nel proseguire a camminare i due passano a fianco di un cimitero, che si trova a metà tra la Chiesa e lo studio dello psicanalista. Ha appena avuto luogo il funerale di un medico; suo figlio, ancora bambino, piange disperato sulla tomba. La terra ancora è smossa.
Nel vedere tale spettacolo da lontano, lo psicanalista si chiede come potrà quel bambino liberarsi dal senso di colpa nato dall’angoscia che gli deriva dall’onnipotenza del suo “pensiero magico”, a causa del quale ha distrutto la figura del padre nelle sue fantasticherie. Serviranno sicuramente anni di terapia.
Fra i famigliari, fatte le condoglianze, c’è un insegnante esperto di PNL che recatosi dal bambino, immediatamente misura il suo “stato interiore” attraverso i suoi comportamenti esteriori e umidi. Nota alcuni schemi ed esegue una “lettura del pensiero” sulle sequenze dei processi interiori legate a precedenti programmazioni.
Un altro partecipante esperto di Gestalt, esorta il bambino a piangere ancora di più, a non trattenere le emozioni e la dirompente tristezza, a gridare la propria disperazione così da porre fine al quella Gestalt.
C’è anche uno zio esperto in psicogenealogia transgenerazionale. Chiede al bimbo come si chiama, se ci sono parenti con il suo stesso nome. Gli chiede l’età e si informa su cosa gli antenati abbiano vissuto a quella stessa età. Chiede se vi sono orfani, aborti, stupri, suicidi o omicidi nell’albero genealogico e che rapporti abbiano con lui. Chiede se altri orfani dell’albero genealogico non abbiamo potuto “esprimere ed elaborare” un lutto e ora lo esprimano attraverso il suo tramite.
Un amico di famiglia è buddhista: osserva il bambino da lontano pieno di compassione per lui. Quando riesce ad avvicinarlo gli spiega che non c’è sofferenza. Tutto è illusione. La morte non esiste. L’unica costante è il cambiamento. La Vita sta semplicemente cambiando forma.
Un altro amico di famiglia è un ebreo praticante. Propone al ragazzino di strapparsi la camicia recitando il “kaddish”.
Nel frattempo il bambino, con la vista e l’udito offuscati dal pianto, non ha ascoltato neppure uno dei consigli dati da queste persone che gli sfilano innanzi.
Senza perdere un attimo il sacerdote gli si avvicina e gli si siede accanto, sicuro di trovarsi nella possibilità di salvare l’ennesima anima. Inizia dolcemente ad interrogarlo in merito alla sua fede: “Piccolo mio, comprendo il tuo dolore, ma sappi che Dio è buono e un giorno ritroverai il papà, il cui corpo è sepolto sotto questa pietra e nessuno potrà più separarti da lui.”
Il bambino affranto replica: “Si, si lo so, so che lo rivedrò.
E’ per questa ragione che sono disperato.
L’altra è che non ho chiesto niente a nessuno.
L’altra ancora, la più importante, è che dovrò passare la Vita a risolvere ciò in cui lui non è riuscito.”
(Cfr. “Ho un corpo per guarirmi” Christian Flèche)
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